DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AD UN PELLEGRINAGGIO DI FERROVIERI ITALIANI*
Basilica Vaticana - Sabato, 22 febbraio 1958
Non è la prima volta che la vostra classe — tanto numerosa e tanto benemerita — viene nella casa del Padre Comune, per chiederGli una parola di luce, di incoraggiamento e di benedizione.
Voi venite da tutta l'Italia per rappresentare, quanto è possibile, i 140 mila agenti addetti al servizio ferroviario, vasto e complesso organismo, in cui si compongono, con mirabile armonia, i più moderni ritrovati della scienza, la sapiente e ferma disciplina, la collaborazione fattiva di una moltitudine di, persone operanti nei più diversi settori. Nel suo insieme esso rappresenta la mèta raggiunta in poco più di un secolo dal continuo sforzo di pensiero e di lavoro compiuto da molte migliaia dì uomini.
La comparsa dei trasporti ferroviari fu uno dei segni annunziatori del sorgere di una nuova era per la civiltà umana. Fu il primo mezzo terrestre, che permise di trasportare numerosi, gruppi di viaggiatori a velocità medie fino allora sconosciute. In tempo relativamente breve è divenuto possibile di percorrere un cammino che non era prima nemmeno immaginabile, cominciando dai primi convogli e giungendo ai moderni elettro-treni, dalle prime stazioni, munite di scambi a mano e dì segnali resi luminosi da lanterne a petrolio, fino alle modernissime costruzioni dotate di sistemi di automazione. Voi avete legato lo spazio e il tempo entro vincoli di disciplina assoluta; il vostro programma quotidiano si chiama orario ferroviario, e ogni cittadino può, appena lo voglia, verificare come sia difficile di trovare nella vita civile una fedeltà messa così continuamente e senza riposo a dura prova, e tuttavia tanto mirabilmente osservata.
Basterebbe salire sopra una di quelle grandi torri, che dall'alto dominano il traffico delle decine di binari, che formano l'ossatura di una grande stazione moderna. Su quella torre sta il cervello della circolazione: lampadine che si accendono, si spengono, danno le indicazioni con, le differenti colorazioni: ogni treno è seguito, sorvegliato, comandato, fermato o fatto partire. Là arrivano le notizie da centinaia di chilometri di distanza; si impartiscono ordini, si provvede ai disguidi. Si pensi a quanto è distribuito lungo la linea: stazioni principali e secondarie, attraversamenti, semafori e segnalazioni, scambi, verifica degli impianti. Non può neanche un solo anello della catena mancare. Ogni tratto, ogni metro, è importante e fondamentale: un tratto di binario non verificato, un ritardo nell'abbassare le sbarre di un passaggio a livello, un cancello non chiuso a tempo, una segnalazione non funzionante, l'ago di uno scambio che s'inceppa, ed ecco il pericolo della tragedia per decine e talvolta centinaia di persone.
Benvenuti, dunque, dilettissimi figli: benvenuti tecnici ed operai del servizio lavori, cui spetta la vigile cura dell'efficienza della strada ferrata con tutte le opere disseminate lungo la stessa; benvenuti i guardalinee, che sorvegliano, metro per metro, le più piccole strutture del binario; benvenuti gli addetti al servizio degl'impianti elettrici, che effettuano il medesimo esatto lavoro per le condutture elettriche e gli apparati di sicurezza; benvenuti i capi-stazione, i deviatori, i manovali e tutti gli addetti al movimento dei treni, che ne regolano la circolazione ininterrottamente, vegliando sulla sicurezza dei viaggiatori; benvenuti i macchinisti, che con mano esperta pilotano i treni; benvenuti gli operai addetti alla conservazione del materiale di trazione e dei veicoli, la cui scrupolosità nel lavoro è condizione essenziale per la regolarità e la sicurezza del traffico; benvenuti gli addetti alle comunicazioni telegrafiche, benvenuti tutti coloro cui sono affidati i servizi per viaggiatori e merci nelle stazioni.
Ricevendo i lavoratori in quasi innumerevoli Udienze, Noi abbiamo parlato tante volte e in diversi aspetti del problema che li tiene giustamente in ansia; nessuno ignora che la Chiesa, lungi dall'essere e dal mostrarsi indifferente verso la questione sociale, ha manifestato con precisione e fermezza su quali principi essa fonda la sua retta soluzione. Perciò Ci siamo vivamente compiaciuti dei notevoli miglioramenti testé ottenuti per lo stata giuridico e le retribuzioni della vostra classe.
Lasciate pertanto, diletti figli, che in questo incontro cosi semplice e affettuoso Noi Ci rivolgiamo direttamente alle anime vostre, per dirvi una paterna parola di spirituale esortazione. Per essa Ci offre l'occasione la stessa vostra vita di addetti ai viaggi ferroviari.
I. Chi viaggia in treno deve avere anzitutto un fine ben chiaro da perseguire: raggiungere una mèta, scendere alla stazione di arrivo. A tal fine dovranno essere ovviamente subordinate le altre pur giuste esigenze del viaggio : la velocità, per esempio, la comodità, la bellezza del percorso. Ciò significa che a quei vantaggi ogni viaggiatore deve essere disposto a rinunciare, qualora rappresentassero un ostacolo per il conseguimento del termine ultimo stabilito. Che direste di un uomo il quale, non avendo trovato un posto comodo sul suo treno, ne prende un altro che gli offre, si, condizioni di viaggio più confortevoli, ma va in direzione opposta?
Quel che non avviene normalmente nelle stazioni, sui treni, accade purtroppo non di rado nel viaggio della vita. Vi è, infatti, per tutti sulla terra una mèta ben prefissa; arrivare alla visione di Dio, all'amore e al possesso di Lui. Tale mèta è stata assegnata a tutti, e per giungere ad essa ognuno ha un certo tempo, di cui soltanto Dio conosce la durata. Verso quel fine ciascuno deve dirigersi a tutti i costi, anche se il modo per ottenerlo non fosse quello desiderato e preferito.
Allo stesso modo bisogna scartare quei mezzi — anche se comodi o sommamente piacevoli —, che invece di condurre alla mèta, allontanano da essa o, quanto meno, cagionano indebite soste. Se dunque una persona, una cosa, un avvenimento, si presentassero come ostacoli nel cammino che deve condurre a Dio, sarà necessario e ragionevole regolarsi come si farebbe nei viaggi terreni: bisogna evitarli o superarli; a causa di essi non bisogna cambiare strada, meno ancora è lecito uscire dai binari; occorre, invece, stare agli ordini di Chi presiede al complesso traffico del vivere umano. Comportarsi altrimenti, significherebbe allontanarsi dalla mèta, perdere Dio e sprofondare nell'abisso della eterna dannazione.
2. Assicurata la giustezza del vostro cammino, voi dovete essere solleciti della sorte di tutti coloro, che viaggiano insieme con voi.
Taluni non sanno forse più, precisamente, quale sia la mèta, verso cui sono diretti: occorrerà mostrargliela. Altri si attardano in fermate inutili e dannose: bisogna esortarli a muoversi. Alcuni corrono — talvolta molto velocemente —, ma nel senso opposto a quello dovuto: occorre arrestarli a tempo. Così bisognerà illuminare chi brancola nel buio dell'errore, guidare chi sta per smarrirsi fra le nebbie del dubbio e della incertezza, confortare chi fosse stanco, rialzare chi fosse caduto.
Non dite, diletti figli: non spetta a noi di interessarci delle sorti altrui: non si tratta infatti di estranei? Non dite, come Caino, che non siete i custodi dei vostri fratelli (cfr. Gen. 4, 9); non passate oltre (cfr. Luc. 10, 32), quando vedete un vostro fratello in stato di bisogno : non sarebbe un contegno umano, e molto meno cristiano.
Gli uomini non debbono considerarsi come esseri indifferenti gli uni verso gli altri: ma come membri quasi di un'unica grande famiglia, anzi membra dell'unico mistico Corpo di Cristo. Membra che hanno bensì una loro individualità — sono infatti vere persone, coscienti, libere, responsabili —. ma altresì una vita comune, una vita, che rende partecipi tutti delle gioie, dei dolori, delle ansie di ognuno.
Cristiano è dunque chi non guarda nessuno, in tutto il mondo, come si guarda uno straniero; cristiano è chi si rende possibilmente pronto nei confronti di tutti, come ogni membro del corpo per tutte le altre membra; cristiano è chi si fa « tutto a tutti », secondo la forte espressione dell'Apostolo (cfr. 1 Cor. 9, 22).
Questa solidarietà, che è già prescritta quando si tratta di necessità riguardanti la vita terrena, si richiede a maggior ragione, quando sono in giuoco gli interessi e il destino delle anime. Né vale dire — come talvolta alcuni vanno ripetendo — che l'uomo si salva o si perde secondo che dirige i propri passi, liberamente, in un senso o nell'altro. Chi non sa che per tante anime — le quali ora gioiscono in cielo — fu determinante l'incontro con un apostolo, che le aiutò a ritrovare la retta via, a rialzarsi, a rimettersi in cammino? O non è forse vero che altre anime sono fra i tormenti, perché tale sorte non ebbero? Non altri- menti accade nei viaggi terreni: un conducente più esperto, un telegrafista più attento, un manovale più premuroso, un guardalinee più diligente possono impedire un disastro e determinare l'esito felice di un viaggio.
All'opera, diletti figli.
Chiunque vive con voi, in famiglia o nel luogo di lavoro, chiunque abbia anche solo un fugace incontro con voi o passi accanto a voi, deve sentire l'influsso della vostra anima: sarà la vostra parola, con la quale insisterete a tempo opportuno e anche fuori tempo, riprendendo, supplicando, esortando con grande pazienza e dottrina (cfr. 2 Tim. 4, 2); sarà la testimonianza della vostra vita, testimonianza coraggiosa, e quindi totale, che non è imperiosa, ma nemmeno teme le incomprensioni e l'ostilità dei cattivi, l'odio del mondo; sarà la vostra preghiera continua, preghiera recitata con istanza fiduciosa e con sempre rinnovato fervore, preghiera vissuta con l'offerta della vostra vita, specialmente del vostro lavoro, delle vostre piccole o grandi sofferenze.
Ecco, diletti figli, quanto abbiamo voluto dirvi in quest'incontro procuratoCi dall'amore provvidente di Dio. Ascoltate la voce del vostro Padre; sarete salvi voi, e al tempo stesso salvatori di tanti vostri fratelli.
Coopererete in tal guisa a rafforzare la fiducia circa la possibilità che anche nel mondo del lavoro finisca l'inverno e cominci una primavera nuova. Diverranno lontani i tempi, nei quali si presentava allo sguardo uno spettacolo desolato e desolante, perché era un fuggir via da Gesù, un rimanere lontano da Lui, un temere di avvicinarsi a Lui, come se lo stare con Lui significasse tradire i propri legittimi interessi.
Non sarà più così. Se non Ci fa velo agli occhi il desiderio di un'era nuova di bene, vi è da credere che presto dovrà cessare ogni benché minima opposizione tra il mondo del lavoro e la dottrina redentrice di Cristo.
*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX,
Diciannovesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1957-1° marzo 1958, pp. 793-797
Tipografia Poliglotta Vaticana.
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