VIDEOCONFERENZA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
TRASMESSA DALLA CATENA TELEVISIVA STATUNITENSE ABC
IN COLLEGAMENTO CON TRE LOCALITÀ DEGLI STATI UNITI D'AMERICA
(da L'Osservatore Romano, Edizione quotidiana n. 202, 06/09/2015)
«Potervi incontrare mi riempie di speranza. Prego per voi, per tutto il popolo americano, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie».
Così Papa Francesco ha dato appuntamento ai fedeli statunitensi in vista del prossimo viaggio, in programma dal 23 al 28 settembre a Washington, New York e Philadelphia. Il Pontefice lo ha detto a conclusione della videoconferenza registrata nei giorni scorsi e trasmessa nella serata di venerdì 4 (quando in Italia era già notte) dalla rete televisiva Abc. Raggiunto in Vaticano dal conduttore David Miur di «World News Tonight», il Papa si è collegato via satellite con tre diversi gruppi: studenti del collegio gesuita Cristo Re, nel centro storico di Chicago, che si dedica alla formazione di giovani poveri ed emarginati; donne e uomini senzatetto di Los Angeles e volontari che si occupano di loro; fedeli della parrocchia del Sacro Cuore di McAllen, in Texas, vicino alla frontiera tra Stati Uniti e Messico. La trasmissione è durata circa novanta minuti, durante i quali il Papa ha risposto in spagnolo e con qualche battuta in inglese.
Dopo avergli presentato i gruppi collegati — riguardo al primo Francesco ha commentato sorridendo: «Se sono gesuiti, sono buoni!» — l’anchorman ha subito chiesto un messaggio per la gente degli Stati Uniti prima del viaggio.
Un saluto grande. Un grande saluto alla comunità cattolica degli Stati Uniti e a tutti i cittadini degli Stati Uniti. È questo il mio messaggio, un affettuoso saluto.
Dal collegio gesuita di Chicago è giunta la testimonianza di Valery Herrera. La giovane ha parlato della malattia della pelle da cui è affetta e del modo con cui ha superato le difficoltà con l’aiuto della famiglia e impegnandosi in un coro. La musica l’ha anche aiutata ad avvicinarsi alla fede e a sentirsi meno sola. Vorrebbe iscriversi all’università — sarebbe la prima a farlo nella sua famiglia — e studiare farmacia. Quindi ha chiesto al Pontefice cosa si aspetta dai giovani
Valery, mi piacerebbe sentirti cantare, posso chiederti di cantare una canzone per me? Aspetto che tu lo faccia. Vai avanti, vai avanti. Sii coraggiosa [Valery canta una canzone]. Grazie. Sei stata molto gentile. E la mia prima risposta alla tua domanda è questa: quello che mi aspetto dai giovani è che non camminino soli nella vita. È il primo passo, ma mi aspetto molte altre cose. Che abbiano il coraggio di camminare con l’amore e la tenerezza degli altri. Che trovino qualcuno — tu hai cantato alla Vergine di portarti tra le braccia, di farti camminare tenendoti per mano — che li aiuti nella vita a camminare. Nella vita è molto difficile, molto difficile camminare da soli; uno si perde, si confonde, può trovare un cammino sbagliato o può errare come in un labirinto, o peggio ancora, si può fermare perché si stanca di camminare. Camminare sempre tenuti per mano da qualcuno che ti vuole bene, da qualcuno che ti dà tenerezza, e tu hai detto questo a Nostra Signora. Camminare tenuti per mano da Gesù, camminare tenuti per mano dalla Vergine, questo dà sicurezza. È la prima cosa che mi aspetto dai giovani: che si lascino accompagnare, ma da buone compagnie, ossia che camminino ben accompagnati. Nel mio Paese c’è un proverbio che dice: «Meglio soli che male accompagnati». È vero, ma camminate in compagnia. Ogni giovane deve cercare nella vita qualcuno che lo aiuti nel cammino: può essere il suo papà, la sua mamma, un parente, un amico, un nonno, una nonna — i nonni consigliano così bene! —, un professore, qualcuno che ti aiuti a confrontarti con le cose della vita. Camminare accompagnati, per prima cosa. Secondo: dai giovani mi aspetto che camminino con coraggio. A te poco fa è costato fare il primo passo in questo cammino che ti ho chiesto, ossia cantare una canzone. Eri emozionata, non sapevi come farlo, ma sei stata coraggiosa e hai fatto il primo passo, e hai cantato molto bene. Continua a cantare, canti molto bene. Cioè, il coraggio di fare il primo passo, il coraggio di andare avanti. Voi sapete quanto è triste vedere un giovane che non è coraggioso? È un giovane triste, un giovane con la faccia da funerale, un giovane senza allegria. Il coraggio ti dà allegria e l’allegria ti dà speranza, che è un dono di Dio, ovviamente. È vero che nel cammino della vita ci sono difficoltà, e molte. Non abbiate paura delle difficoltà! Siate prudenti, siate attenti ma non abbiate paura. Avete la forza per superarle. Non vi spaventate, non vi fermate. Non c’è cosa peggiore di un giovane pensionato prima del tempo. Non so a che età la gente va in pensione negli Stati Uniti, ma v’immaginate un giovane di 25 anni pensionato? Terribile! Andate sempre avanti, con coraggio e con speranza. E Dio, se glielo chiedete, vi darà la speranza. È questa la mia risposta, Valery. E grazie per la canzone.
Dopo la testimonianza di Alexandra Vázquez da Chicago — al termine della quale il Papa ha commentato: «Grazie Alexandra. Continua il cammino. Dio ti benedica» — si è passati al collegamento con Los Angeles, dov’erano riunite persone che vivono in diverse strutture di accoglienza per poveri e senzatetto. Il diciannovenne Marco, che sogna di diventare musicista, ha chiesto al Pontefice come mai il viaggio negli Stati Uniti è tanto importante per lui.
Per me è molto importante perché incontrerò voi, cittadini degli Stati Uniti che avete la vostra storia, la vostra cultura, le vostre virtù, gioie e tristezze, i vostri problemi come tutti. Io sono al servizio di tutte le Chiese e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Per me c’è una cosa che è molto importante, ed è la vicinanza. Per me è difficile non stare vicino alla gente. Invece, quando mi avvicino alla gente, come farò con voi, mi risulta più facile capirla e aiutarla nel cammino della vita. Perciò è molto importante questo viaggio, per stare vicino al vostro cammino e alla vostra storia.
Significativa, quindi, la testimonianza di Rosemary, ragazza madre, con le sue due figlie. Dopo aver vissuto in una struttura di accoglienza, ora hanno ottenuto una casa tutta per loro.
Grazie Rosemay per la tua testimonianza. Voglio dirti una cosa. So che non è facile essere una madre single, so che la gente a volte vi può guardare male, ma ti dico una cosa: sei una donna coraggiosa perché sei stata capace di mettere al mondo queste due figlie. Potevi ucciderle quando erano nel tuo grembo, ma hai rispettato la vita, hai rispettato la vita che avevi dentro, e Dio ti premierà per questo, ti premia. Non avere vergogna, cammina a testa alta. «Io non ho ucciso le mie figlie, le ho messe al mondo!». Mi congratulo con te, e che Dio ti benedica.
Infine il collegamento con il Texas, da dove Ricardo, immigrato all’età di quatto anni, ha parlato della propria esperienza di vita. Quella di un ragazzo che dopo un incidente capitato al padre, all’età di sedici anni ha dovuto mantenere per un periodo la sua famiglia composta da sei persone. Poi è stato ricambiato dal padre, il quale lo ha aiutato a pagarsi gli studi. E la sua domanda non poteva che toccare alcuni dei problemi sociali più attuali — la povertà, il sistema educativo e l’immigrazione — e le loro possibili soluzioni.
Ovviamente, ascoltando la tua storia, posso dirti che la vita ti ha fatto padre prima del tempo perché hai dovuto mantenere, durante la malattia di tuo padre, quando eri ancora molto giovane, la tua famiglia. Ma lo hai saputo fare perché hai avuto un padre con il coraggio d’iniziarti nel cammino del lavoro e della lotta, e con il coraggio, dopo, di farti studiare a costo di sacrifici. In questa vita ci sono molte ingiustizie, e come credente, come cristiano, il primo a subirle, a concentrarle in sé, è stato Gesù. Gesù è nato in strada, è nato come un homeless, sua madre non aveva dove partorirlo. Bisogna sempre guardare la figura di Gesù. Tu mi chiedi come. Guardando la figura di Gesù facciamo un altro passo. Dio a volte ci parla con parole, come nella Bibbia, ci dice la sua Parola. Dio a volte ci parla con gesti attraverso la storia, con le situazioni. E Dio, a volte, molte volte, ci parla con il suo silenzio. Quando io vedo — quello che mi ha chiesto tu — quanta gente soffre la fame, non ha il necessario per crescere, per la salute, muore da piccola, non ha il necessario per l’educazione, quanta gente non ha casa, quanta gente oggi, lo stiamo vendendo, lascia il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore, e muore; tanti muoiono durante il cammino. Allora io guardo Gesù sulla Croce e scopro il silenzio di Dio. Il primo silenzio di Dio sta nella Croce di Gesù. È stata l’ingiustizia più grande della storia e Dio è rimasto in silenzio. Detto questo, sarò più concreto nella risposta ad altri livelli, ma non dimenticarti che Dio ci parla con parole, con gesti e con silenzi. E quello che mi hai chiesto si capisce solo nel silenzio di Dio, e il silenzio di Dio lo capiremo solo guardando la Croce. Che cosa fare? Il mondo deve prendere più coscienza che lo sfruttamento l’uno dell’altro non è un cammino. Siamo tutti creati per l’amicizia sociale. Tutti abbiamo una responsabilità per tutti. Nessuno può dire: «La mia responsabilità arriva fino a qui». Tutti siamo responsabili di tutti, e dobbiamo aiutarci nel modo in cui ognuno può farlo. Amicizia sociale, per questa Dio ci ha creati. Ma c’è una parola molto brutta che appare anche nella prima pagina della Bibbia. Dio dice al demonio, al padre della menzogna, al serpente: «Metterò inimicizia tra te e la donna». E la parola inimicizia è cresciuta nel corso della storia, e poco dopo c’è stata la prima inimicizia tra fratelli: Caino uccide Abele. È stata la prima ingiustizia. Da allora le guerre, le distruzioni. Da allora l’odio. Parlando in termini calcistici, ti direi che la partita si gioca tra amicizia sociale e inimicizia sociale. La scelta deve farla ognuno nel cuore, e noi dobbiamo aiutare a fare questa scelta nel cuore. La fuga attraverso le dipendenze o la violenza non aiuta; aiutano solo la vicinanza e il dare di me quello che posso, come tu hai dato tutto quello che potevi quando da ragazzo hai mantenuto la tua famiglia. Non dimenticartene, l’amicizia sociale contro la proposta del mondo che è inimicizia sociale: «Arrangiati e che l’altro si arrangi da solo!». Non è questo il disegno di Dio. È ciò che mi viene da dirti, oltre a esprimerti la mia ammirazione; la vita ti ha fatto padre quando eri molto giovane. Quando sarai padre veramente e avrai dei figli tuoi, che tu possa continuare a educarli nel cammino che hai imparato da tuo padre. Grazie.
Con un braccialetto elettronico alla caviglia è quindi intervenuta Vilma, immigrata illegalmente da El Salvador con l’obiettivo di dare una speranza di vita migliore a suo figlio Ernesto, nato con una malattia congenita agli occhi che non gli permette di vedere. Ha chiesto, ottenendola, una benedizione al Papa. Il quale ha successivamente chiesto di una religiosa intravista sullo schermo. Si chiama suor Norma.
Sorella, attraverso di lei voglio ringraziare tutte le religiose degli Stati Uniti. Il lavoro che voi religiose avete fatto e fate negli Stati Uniti è grandioso. Mi congratulo con voi. Siate coraggiose. Andate avanti, sempre in prima linea. E vi dico un’altra cosa — sta male che lo dica il Papa? Non lo so —: vi voglio molto bene!
La conferenza si è conclusa con la testimonianza di Wendy, undicenne appena arrivata con sua madre da El Salvador, che ha lasciato per la violenza delle bande. Dopo aver raccontato piangendo i drammatici giorni del viaggio, la bambina ha mostrato un disegno al Papa, che ha ricevuto in dono anche un crocifisso fatto dagli studenti di Chicago.
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