DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DI
12 CONFEDERAZIONI SINDACALI INTERNAZIONALI
9 febbraio 1982
Signore e Signori,
cari amici.
1. È con piacere che ho voluto accogliere la domanda, non appena è stata portata alla mia attenzione, di un incontro con voi, responsabili di numerosi sindacati riuniti a Roma con lo scopo di testimoniare la vostra sollecitudine per la Polonia in questa ora in cui molti dei vostri colleghi, i lavoratori e la popolazione intera subiscono prove molto gravi. Il vostro rappresentante ha espresso i sentimenti di solidarietà che vi animano nei confronti della mia patria. Ve ne sono riconoscente. In voi, saluto tutti i lavoratori che, uniti nelle loro associazioni libere, cercano di offrire il loro contributo, non solamente alla costruzione di degne condizioni di lavoro, ma anche alla realizzazione di una società giusta, fondando la loro azione su una concezione del lavoro umano che corrisponde alla verità sull’uomo. La vostra presenza qui testimonia del vostro impegno in favore della dignità del lavoro umano; testimonia anche della solidarietà che vi anima verso tutti i lavoratori, e specialmente verso i lavoratori polacchi che cercano una situazione migliore, rispettosa dell’uomo e dei suoi diritti inalienabili. Il mio pensiero si volge specialmente verso coloro che, in Polonia, sono stati duramente colpiti in seguito alle misure ufficiali imposte da circa due mesi: coloro che hanno perduto la vita, coloro che sono stati feriti, coloro che sono arrestati e detenuti, coloro che sono giudicati e severamente puniti, coloro che perdono il loro impiego a causa delle loro convinzioni. Tutti e tutte sono presenti al nostro spirito e al nostro cuore, come sono presenti quelli e quelle che, in mezzo a gravi difficoltà, custodiscono la speranza e restano fedeli alla volontà di cercare per la Polonia la via della giustizia, dei diritti dell’uomo, della pace e della verità.
2. Avete fatto riferimento alla vostra partecipazione, or sono alcuni mesi, al primo congresso della associazione “Solidarnosc” a Gdansk. Tra voi, vi è del resto qualche membro di questa associazione. E vi ricordo che è un anno ormai che ho incontrato proprio qui, Lech Walesa e altri rappresentanti del sindacato indipendente e autonomo Solidarnosc. A questo incontro assisteva il capo della delegazione del governo della repubblica popolare di Polonia per i contatti permanenti di lavoro con la Santa Sede. Ho espresso allora la mia gioia di sapere che, il 10 novembre 1980, lo statuto del sindacato libero Solidarnosc era stato approvato e dunque che la legittimità dell’esistenza e delle attività specifiche di questo sindacato erano riconosciute. In questa felice occasione, che era così ricca di promesse, ho potuto affermare che “la creazione del sindacato libero è un avvenimento di grande importanza. Manifesta la pronta disponibilità di tutti gli uomini lavoratori della Polonia – che esercitano differenti professioni che comprendono quelle che sono collegate al lavoro intellettuale e anche gli agricoltori – a prendere una responsabilità solidale accanto a differenti branche di attività così numerose, per la dignità del lavoro compiuto sulla nostra terra natale. Essa inoltre dimostra che non c’è – perché non ci deve essere – contraddizione tra una tale iniziativa autonoma sociale presa dagli uomini del lavoro e la struttura del sistema che fa appello al lavoro umano come al valore fondamentale della vita della società e dello stato” (15 gennaio 1981). Non sfugge a nessuno che il sindacato libero Solidarnosc è nato, in un momento molto difficile per la Polonia, da una parte come manifestazione del senso di responsabilità dei lavoratori e del desiderio di assumere le responsabilità specifiche che derivano dal lavoro, e, d’altra parte, come espressione di una sollecitudine reale per il bene comune di tutta la società. Le speranze momentaneamente deluse, le difficoltà e gli ostacoli che si sono creati, le dure restrizioni di diverse libertà imposte non solamente ai membri di Solidarnosc ma a tutta la popolazione, non possono far dimenticare che questo sindacato ha acquisito, e possiede sempre, il carattere di un’autentica rappresentanza di lavoratori, riconosciuta e confermata dagli organi di potere. È, e resta, un sindacato autonomo e indipendente, fedele alla sua ispirazione iniziale, che rifugge dalla violenza anche oggi nella situazione difficile che vive, preoccupato di essere una forza costruttiva per la nazione.
3. Nessuno meglio di voi, signore e signori, è in grado di vedere come i problemi di Solidarnosc oggi non sono un affare unicamente polacco, ma nelle loro origini e nei loro effetti, sono un affare del mondo del lavoro nella sua totalità. Voi tutti, e particolarmente voi che appartenete a dei sindacati di ispirazione cristiana, sapete come la Chiesa ha sempre proclamato il diritto di libera associazione nel nome della dignità del lavoro umano. Come ho sottolineato nella mia enciclica Laborem Exercens, “è in quanto persona che l’uomo e soggetto del lavoro. È in quanto persona che lavora, che compie diverse azioni che appartengono al processo del lavoro; e queste azioni, indipendentemente dal loro contenuto oggettivo, devono sempre servire alla realizzazione della sua umanità, al compimento della vocazione che gli è propria in ragione della sua stessa umanità: quella di essere una persona” (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 6). Il lavoro possiede un valore etico legato al fatto che colui che l’esegue è una persona cosciente e libera, un soggetto che decide di se stesso e per se stesso. Con il suo lavoro, l’uomo produce delle cose, crea i mezzi di produzione – il capitale –, e trasforma le ricchezze della natura, ma, in ultima analisi, lavora sempre per realizzare la propria umanità, per divenire più umano, per essere più uomo cosciente e padrone del suo destino. Deve dunque restare padrone del suo lavoro. Per questo motivo l’uomo ha la responsabilità – e il diritto – di proteggere la dimensione soggettiva del lavoro; deve assicurare che potrà lavorare “in proprio”, vale a dire per sé, per la propria umanità. Tale è il suo diritto in ragione della natura stessa del lavoro, e questo diritto dovrà trovare un posto centrale in ogni organizzazione del mondo del lavoro, nella sfera della politica sociale ed economica, come tra gli obiettivi perseguiti dalle associazioni dei lavoratori.
Da questa verità deriva, tra gli altri, il diritto dei lavoratori di unirsi per assicurarsi di rimanere soggetti del lavoro, per salvaguardare tutti i diritti che derivano dal lavoro. L’uomo al lavoro non può sfuggire alla necessità di difendere la vera dignità del suo lavoro: non può più essergli impedito di esercitare questa responsabilità. Unendosi liberamente tra di loro, i lavoratori assumono la responsabilità, che è loro propria, di difendere non solamente gli interessi vitali, ma anche la dignità stessa del lavoro che è legata a tutte le dimensioni della vita umana. Così, i sindacati puntano sui giusti diritti dei lavoratori secondo le diverse professioni essendo tutti guidati ugualmente dal fine del bene comune. Nella difesa della verità del lavoro, i sindacati assumono una funzione specifica che non è politica nel senso della ricerca del potere politico nella società, ma che acquista un’importanza sociale generale.
È sulla base di queste considerazioni che la Chiesa ha rivendicato per i lavoratori il diritto di costituirsi in associazione indipendenti e autogestite, dalla Rerum Novarum (cf. Leone XIII, Rerum Novarum, 21, 22), passando per la Quadragesimo Anno (cf. Pio XI, Quadragesimo Anno, 11), fino alla mia recente lettera enciclica Laborem Exercens (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 20). L’insegnamento della Chiesa non può essere diverso, perché si tratta di un diritto inerente al lavoro umano. La sua dottrina sociale si vuole ovunque così consistente e così valevole: quello che essa propone sul lavoro umano, sui diritti dell’uomo e in particolare sull’uomo che lavora, assume la stessa importanza e lo stesso valore per tutte le situazioni e per tutti i paesi.
4. Bisogna sottolineare tutto il significato che rivestono gli atti con i quali i sindacati liberi esprimono la loro solidarietà con i lavoratori polacchi, così come il gesto che avete fatto venendo qui, nella vostra qualità di rappresentanti di sindacati liberi, per esprimere il vostro appoggio al sindacato Solidarnosc. Con voi, e con molti altri, io considero l’attuale situazione in Polonia come un avvenimento profondamente triste. Con voi, condivido la convinzione che la restituzione del rispetto effettivo e totale dei diritti degli uomini del lavoro e specialmente del loro diritto ad un sindacato, già creato e legalizzato, costituisce la sola via per uscire da questa situazione difficile. Senza questo rispetto dei diritti dell’uomo, la normalizzazione della vita nella società, lo sviluppo della vita economica e la salvaguardia della cultura in tutte le sue espressioni resta impossibile. Sì, è vero, il lavoro deve essere riconosciuto come la chiave della vita nella società, il lavoro liberamente assunto e non imposto con la forza, il lavoro con la sua fatica, ma anche con la sua capacità di rendere l’uomo libero e di farne il vero costruttore della società.
Ecco, signore e signori, quello che la vostra visita di oggi mi ha ispirato di dirvi. Ancora una volta, vi ringrazio e prego il Signore di benedire abbondantemente i vostri sforzi, le vostre organizzazioni, le vostre persone e le vostre famiglie.
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