VISITA PASTORALE IN AUSTRIA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI ECUMENICI NELLA «CHRISTUSKIRCHE»
Salisburgo - Domenica, 26 giugno 1988
Cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo!
1. “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19).
Questo abbiamo appreso dal Vangelo, che chiede a noi tutti di attuare questo incontro fraterno. Questa richiesta del Signore ai suoi discepoli è valida in ogni tempo. Il miracolo della Pentecoste si rinnova continuamente: uomini di diversi popoli e culture possono ascoltare e comprendere il Vangelo e giungere alla fede. Essi si convertono a Cristo, il quale è “la nostra pace”, che crea “uomini nuovi” e tramite il suo sacrificio unisce ciò che è diviso: “riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo” (cf. Ef 2, 14. 16). Come cristiani battezzati noi tutti possiamo “considerarci uomini che sono morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù” (Rm 6, 11).
Questo è il nostro credo comune: da questa missione pasquale viviamo in tutte le Chiese e comunità religiose cui apparteniamo per il Battesimo. Siamo chiamati ad essere simboli e strumenti di quella pace e unità fra gli uomini, che Dio soltanto può donare e che si compirà nel suo Regno. Ciò impegna tutti noi cristiani a ricercare ed a rinnovare l’unità, fino alla sua forma pienamente visibile.
2. Questa nostra preziosa ora di incontro è essa stessa un segno di quella unità che ci è già donata nell’ascolto della Parola divina, nella fede in Dio uno e trino e nella vita nella grazia del Battesimo: in qualità di figli e figlie del Padre celeste, siamo riuniti nello Spirito Santo per rendere onore a Dio in Gesù Cristo. Ringrazio i fratelli e le sorelle di fede evangelica qui in Austria per il cortese invito a venire nella Christuskirche, invito che ho accettato con grande piacere.
Voglio esprimere un ringraziamento particolare per il saluto di benvenuto del presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese in Austria. Allo stesso modo ringrazio lei, illustre signor Metropolita, per le sue cordiali parole di saluto. Con gioia ricordo il nostro incontro con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Dimitrios I del dicembre dello scorso anno a Roma. Voglio ringraziare anche lei, signor sovrintendente, per aver messo in evidenza l’importanza dell’incontro odierno, e lei, signor Vescovo, per la sua predica in cui ci ha spiegato la Parola divina. Infine ringrazio di cuore anche lei, stimatissimo Arcivescovo Berg, e i confratelli della Conferenza episcopale, e tutti coloro che celebrano con noi questo memorabile servizio divino nello Spirito di Cristo.
3. Un incontro ecumenico è sempre un’ora allo stesso tempo di gioia e di dolore. Gioia, perché siamo consapevoli della nostra unione comune con il Signore e redentore: dolore, perché questa unità già esistente alla radice non sfocia ancora nella piena comunione ecclesiale. Tuttavia è già un frutto prezioso dello Spirito Santo che noi dividiamo questa gioia e sopportiamo insieme questo dolore.
Gioia e dolore li troviamo anche se consideriamo brevemente la storia di questa città, Salisburgo, che oggi ci offre la sua ospitalità. Qui monaci irlandesi hanno diffuso la fede e gettato le basi per una intensa attività missionaria della Chiesa di questo luogo, che si è spinta fino nell’Est e nel Sud dell’Europa. Questi Vescovi fondatori e i loro fratelli erano da parte loro impregnati della tradizione monastica ed ascetica dell’Oriente cristiano. Queste lontane radici della fede oggi sono state rivisitate ed hanno portato tra le altre cose alla Fondazione Pro Oriente, che nel frattempo si è estesa da Vienna anche a Salisburgo, Linz e Graz. Questa lodevole iniziativa ecumenica ha già portato notevoli frutti, che autorizzano a ben sperare.
A Salisburgo incontriamo però anche la Riforma. Siamo portati qui a ricordare l’allontanamento ingiusto dei protestanti di questo luogo nei secoli diciottesimo e diciannovesimo, secondo il triste principio del “Cuius regio-eius et religio”, che in altri tempi si riteneva di dover applicare. Già anni fa l’Arcivescovo di Salisburgo, a nome di tutta la diocesi ha chiesto perdono ai fratelli e alle sorelle evangelici per il torto subito. Il fatto che noi oggi ascoltiamo insieme la Parola di Dio e preghiamo gli uni accanto agli altri nella chiesa evangelica, rappresenta un chiaro segno che questa preghiera di perdono è stata accettata con il cuore ed ha condotto alla riconciliazione.
4. Molti cristiani hanno mantenuto anche in questo Paese un atteggiamento particolarmente ecumenico nella loro comune sofferenza durante l’ultima guerra mondiale. Sebbene di diversa confessione religiosa, essi hanno sperimentato la loro profonda comunione nel sacrificio di Cristo, e ciò particolarmente nella durissima prova del campo di concentramento. Da qui è cresciuta in loro con maggiore forza la convinzione e la disponibilità ad una reciproca comprensione e stima. Uniti vissero allora il messaggio “che tutti quanti sono stati battezzati in Gesù Cristo, sono stati battezzati nella sua morte”; uniti furono però anche nella speranza che “saremo con lui anche con la sua risurrezione” (Rm 6, 3. 5).
Sì, è il Signore stesso che ci spinge a proseguire sempre sulla via verso l’unità, anche quando è visibile solo un piccolo tratto di strada. In questa ora contempliamo dunque la sua immagine così come ce la pone davanti agli occhi questa Christuskirche. Come è scritto sopra l’ingresso di questa chiesa, Cristo è il Signore del mondo e ci indica la strada. Come è scritto sul pulpito, egli con la sua parola parla a noi. Come il Buon Pastore fra Pietro e Giovanni - così nella finestra sopra di noi - egli ci conosce tutti per nome e ci conduce ad un buon pascolo. Dalla croce - così si vede sull’altare - Cristo ci chiama alla riconciliazione, che egli attraverso la sua sofferenza ci ha già procurato.
Soltanto l’unione amorevole con il Signore nella sua devozione e fedeltà fino alla morte sulla croce ci può portare più vicini all’unità della Chiesa. Dal suo esempio di servitore fedele possiamo imparare l’umiltà necessaria per comprendere tutta la verità completa di Dio e vedere la sua luce anche nei nostri fratelli divisi. Là dove Paolo ci illustra l’ideale dell’unità: “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati; un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”, proprio lì egli ci ammonisce: “Vi esorto dunque a comportarvi con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4, 2. 4-6).
5. Cari fratelli e sorelle! La mia seconda visita pastorale in Austria è all’insegna del motto: “Sì alla fede - sì alla vita”. Anche queste parole si fondano su Cristo stesso; poiché “in lui c’è stato il «sì». E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute «sì»” (2 Cor 1, 18-20). Questo “sì” di Dio vuole essere proclamato nel nostro “sì” comune alla fede, nel nostro “sì” comune alla vita. Un tale “sì” comune di tutte le Chiese e comunioni da trovare e pronunciare il più spesso possibile è il nostro compito ecumenico. Per trovare questo comune “sì alla fede” dobbiamo superare stati d’animo, sentimenti e tradizioni pur care. La fede nel Dio uno e trino e il suo concreto cammino di salvezza viene dall’ascolto e presuppone una conversione. Paolo ci dice: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente” (Rm 12, 2). Dobbiamo constatare con gratitudine che negli ultimi anni alcuni passi pieni di promesse vanno ascritti a un tale pensiero rinnovato. Citerò soltanto la dichiarazione comune su “Battesimo, Eucaristia e Ministero”, che la Commissione per la fede e la costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese ha elaborato e presentato. Il Segretariato Vaticano per l’Unione dei Cristiani in collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato la risposta cattolica a questo documento significativo dell’avvicinamento ecumenico. Ma convergenza non significa tuttavia consenso. Accanto al riconoscimento degli accordi raggiunti, si pongono ulteriori questioni che dobbiamo indirizzare con fedele pazienza.
6. Così l’inserimento nel Corpo mistico di Cristo tramite il Battesimo porta alla partecipazione al suo corpo e sangue eucaristico; la questione della partecipazione comune alla Eucaristia ha anche però una dimensione ecclesiale e secondo la dottrina cattolica non può essere vista staccata dalla comprensione del mistero della Chiesa e del suo ufficio. Vi posso assicurare che addolora molto anche il Papa e i Vescovi cattolici il dover sperimentare così duramente la nostra separazione proprio sull’altare del Signore. Questa spina la si avvertirà particolarmente dolorosa nei matrimoni misti, che vogliono testimoniare l’unione della fede cristiana. La mia sincera preghiera va a loro affinché, con i loro pastori, cerchino le vie di una fede viva, che si aprono oggi loro dinanzi nella peculiare situazione che stanno vivendo.
A questo proposito vorrei chiedere ancora una volta con umiltà e con franchezza fraterna: si è sufficientemente aperta la Chiesa Evangelica alla possibilità di avvicinarsi all’aspetto sacramentale del ministero spirituale, che la Tradizione della Chiesa cattolica ad Occidente ed in Oriente fin dagli inizi concepisce come eredità apostolica e come forma di successione apostolica? Ogni passo in questa direzione sarebbe anche un passo verso la piena comunione eucaristica. Il ministero di Pietro e dei suoi successori è senza dubbio legato in maniera particolare alla unità della Chiesa; esso sottostà contemporaneamente alla permanente direttiva del Vangelo e dello Spirito di Cristo. Come nei miei primi incontri con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli vorrei anche adesso pregare intensamente lo Spirito Santo, “egli illumini tutti noi, pastori e teologi della nostra Chiesa, affinché cerchiamo insieme le forme in cui questo ministero di pastore possa diventare un ministero di amore, che venga riconosciuto da una parte e dall’altra”.
7. Uno dei compiti ecumenici è il comune “Sì alla vita” dei cristiani. Cristo, il “sì” di Dio, “è venuto perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza” (Gv 10, 10). Il nostro “sì alla vita” deve perciò essere altrettanto completo e comprendere tutte le dimensioni della vita umana. A questo proposito vorrei anche segnalare il fatto che negli ultimi tempi si è giunti spesso a posizioni comuni delle Chiese nei confronti di problemi sociali e attuali. Desidero incoraggiare questo cammino, anche se talvolta è reso difficile dai nostri diversi punti di vista sul ministero ecclesiale e le sue concrete competenze.
A questo contesto appartiene anche la “Unione Mondiale delle Chiese per la tutela di giustizia, pace e ambiente”, al quale invita il Consiglio ecumenico delle Chiese. La Chiesa cattolica partecipa, senza essere essa stessa organizzatrice, mediante rappresentanti esperti, a queste consultazioni. Io auspico che il comune e devoto ascolto della Sacra Scrittura ci permetta di pronunciare insieme parole di saggezza su questioni centrali riguardanti il futuro dell’uomo e della creazione.
La Chiesa del resto ha sempre considerato come parte della sua missione spirituale la difesa e la promozione dei diritti fondamentali della persona, la condanna delle povertà e della oppressione, oltre ad aver fornito concrete opere di assistenza e modelli per la loro eliminazione. Allo scopo di garantire la pace fra i popoli del mondo, dovrebbero inoltre spiegarsi numerose le forze pacificatrici che sono caratteristiche del pensiero e dell’azione dei cristiani nel mondo.
Così, anche le istanze ecologiche trovano nella nostra fede un forte stimolo a chiarire e a considerare le questioni fondamentali ad esse legate, respingendo ogni politica superficiale.
8. Cari confratelli, l’incontro dei discepoli con il Signore risorto, così come ci viene predicato oggi nel Vangelo, termina con la promessa di Cristo: “Siate certi: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Così noi siamo chiamati alla più intensa attività per la verità e la giustizia di Dio, così come per un’unica Chiesa viva che è l’espressione del suo cammino verso gli uomini. Allo stesso tempo però dobbiamo attendere a questo compito con serenità e pazienza. È il Signore stesso che risveglia la fede, dona la vita e crea l’unità. Il suo Spirito Santo rinnoverà le sembianze della terra. Il Signore sia lodato nella sua Chiesa, oggi e ogni giorno della nostra vita. Amen.
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