DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Venerdì, 7 ottobre 1988
Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.
1. Con profondo amore pastorale saluto in voi, Vescovi della III Regione, il Popolo di Dio negli stati del New Jersey e della Pennsylvania. Durante la vostra visita “ad limina” si sono rafforzati i vincoli di comunione gerarchica tra il Vescovo di Roma e i suoi fratelli nell’episcopato, insieme con le loro Chiese locali. Nello stesso tempo, l’orizzonte del nostro servizio pastorale si spalanca a guardare la Chiesa come “un segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1).
In questo contesto siamo chiamati a rinnovare il nostro zelo per l’unità di tutti i cristiani, e la nostra apertura nei confronti di quelli che professano altre religioni e insomma verso tutti i popoli di buona volontà. Questa è la riflessione che vorrei ora fare insieme a voi.
La nostra fede nella Chiesa è inseparabile dalla professione che Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). La misteriosa comunione tra Dio e l’uomo in Cristo si prolunga nella Chiesa. La Chiesa è il frutto dell’unione ipostatica che raggiunge la sua piena efficacia redentiva nel mistero pasquale. E la Chiesa è il mezzo usato dallo Spirito Santo per incorporare tutti in Cristo incorporandoli nella Chiesa. Davvero la Chiesa appartiene al lavoro della redenzione. In Cristo ella è nella storia lo strumento della comunione salvifica offerta a tutta l’umanità.
C’è un rapporto stretto tra la comunione ecclesiale temporale e visibile e la comunione eterna ed invisibile della Santissima Trinità. Non si tratta di realtà parallele. Come dichiara il Concilio Vaticano II, citando san Cipriano, la Chiesa è “adunata nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen Gentium, 4). La comunione della Beatissima Trinità è la sorgente da cui deriva la comunione della Chiesa peregrinante, la sfera terrena di unione salvifica con Dio. Con fede profonda, il Concilio Vaticano II insegna che “questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza” (Lumen Gentium, 14).
2. Un grande amore per il disegno divino di salvezza in Cristo e la convinzione delle necessità della Chiesa sono alla radice di quel senso ardente della missione che dovrebbe animare tutti i cattolici. Opposto a questo zelo è il relativismo che denigra il valore assoluto del Vangelo di Cristo e la sua Chiesa. Offrire Cristo e il suo messaggio al mondo sarà sempre una sfida per la fedeltà cristiana e la saggezza pastorale.
Se noi siamo convinti - e lo siamo - che Cristo è la pienezza della verità; se noi professiamo - e lo facciamo - che la Chiesa è stata istituita da Cristo per la salvezza di tutti, allora, per essere coerenti noi ci impegneremo sempre nel dialogo della salvezza, così che più persone possibili possano trovare gioia nella buona novella dell’amore misericordioso di Dio rivelato nel Figlio suo Gesù Cristo.
Poiché è la carità che ci sprona nel nostro impegno, noi porteremo avanti questa missione con la preghiera, il buon esempio e il sacrificio - con una carità che rispetta il credo degli altri. Lo zelo per il Vangelo di Cristo, che dovrebbe caratterizzare tutti i fedeli, ci conduce a comprendere, perdonare e rispettare l’azione della grazia di Dio che agisce attraverso la libertà dell’uomo. Noi non sottoponiamo la gente a pressioni e non offendiamo nessuno quando seguiamo le orme di Cristo e percorriamo il cammino di sacrificio e servizio che cominciò a Betlemme, si consumò sulla croce e ci raggiunge nell’Eucaristia.
3. È anche necessario far crescere l’unità e l’amore fraterno tra i cattolici. Questo è essenziale se il nostro zelo ecumenico vuole essere credibile: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Come disse con chiarezza il mio predecessore Paolo VI al tempo del Concilio: “L’unità della Chiesa deve essere ricevuta e riconosciuta da ogni membro della Chiesa e deve essere promossa, amata e difesa da ogni membro della Chiesa. Non è sufficiente dirsi cattolici. Dobbiamo essere davvero uniti”. E continuò: “Oggi si parla molto di ristabilire l’unità con i nostri fratelli separati, e questo è bene. Questo è uno sforzo lodevole, e tutti noi dovremmo cooperare in esso con umiltà, tenacia e confidenza. Ma non dobbiamo dimenticare il nostro dovere di lavorare ancor di più per l’unità interna della Chiesa, così necessaria per la sua vitalità spirituale e apostolica” (Pauli VI “Allocutio in audientia generali habita”, die 31 mar. 1965: Insegnamenti di Paolo VI, III [1965] 892).
In occasione del nostro incontro di oggi, cari fratelli, quando si manifesta una “communio” reale ed efficace, non posso che ripetere quanto detto dal Concilio sul nostro ruolo a questo riguardo: “Il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della massa dei fedeli. I singoli Vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari” (Lumen Gentium, 23). Tutti noi lavoriamo insieme per approfondire l’unità profonda della Chiesa che è volontà di Cristo e che garantisce l’efficacia dei nostri sforzi ecumenici.
4. All’interno della stessa Chiesa cattolica noi dobbiamo vivere la massima ben conosciuta: “in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”. In questo modo possiamo accordare appropriatamente l’unità con la diversità e assicurare il necessario clima di libertà dentro la comunità ecclesiale. Questo principio conferma il comune patrimonio di fede e di dottrina morale, lasciando libere opzioni negli studi teologici, nella spiritualità, nei mezzi di evangelizzazione, nei modi per infondere lo spirito cristiano nell’ordine temporale. Nell’unico corpo di Cristo ci sarà sempre posto per una varietà di ministeri e per lo sviluppo di associazioni, gruppi e movimenti di diverso genere.
Come pastori del Popolo di Dio noi dobbiamo amare la legittima diversità nella Chiesa cattolica, e rispettare lealmente ed aiutare a indirizzare verso il bene comune tutti i carismi autentici dovunque siano tra i fedeli. Fa parte del nostro carisma personale discernere l’autenticità di questi doni. La diversità dei ministeri e delle istituzioni permette alle persone e alle comunità, sotto la guida dei Vescovi in comunione effettiva con il Vescovo di Roma, di trovare la propria via nel pellegrinaggio universale della Chiesa.
5. Il clima di libertà nella Chiesa dovrebbe essere accompagnato da una catechesi realmente adeguata sull’ecumenismo. Tra tutti i fedeli cattolici dovrebbe esserci un atteggiamento aperto e impegnato con rispetto per il movimento ecumenico, particolarmente dove ci sono frequenti rapporti con gli altri cristiani. C’è una grande tradizione di attività pastorale in quest’area da parte dei Vescovi degli Stati Uniti. Senza approfondire completamente questo tema, vorrei sottolineare alcuni punti collegati.
È necessario continuare a spiegare l’insegnamento del Concilio che l’unica Chiesa di Cristo “sussiste nella Chiesa cattolica” (Lumen Gentium, 8), e mostrare quanto la Chiesa cattolica desidera veder realizzata dentro l’unica Chiesa l’unità di tutti i discepoli di Cristo, “così che il mondo creda” (Gv 17, 21).
Qualsiasi progresso compiuto dalla Chiesa cattolica sulla strada dell’ecumenismo deve avvenire sempre mantenendo l’organico sviluppo della dottrina. Anche se il patrimonio della fede e la dottrina morale possono essere spiegati e compresi meglio, il contenuto ecclesiale della salvezza che la Chiesa cattolica ha sempre proclamato deve restare intatto. Quando sorgono nuove questioni dottrinali e morali, la Chiesa deve risolverle con gli stessi principi e con la stessa logica della fede con cui ella ha agito fin dalle origini sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.
Tutti i fedeli dovrebbero conoscere i principi della Chiesa che guidano il culto comune ovvero “communicatio in sacris”. Questi principi sono stati riassunti dal Concilio (cf. Unitatis Redintegratio, 8). La loro giusta applicazione, che è stata una costante sollecitudine della Santa Sede, è proprio un efficace contributo a un autentico ecumenismo. Il canone 844 è particolarmente rilevante perché riguarda i sacramenti della Penitenza, l’Eucaristia e l’Unzione degli Infermi. Quando vengono spiegate le ragioni che regolano la disciplina dell’intercomunione, l’assemblea eucaristica può comprendere più facilmente che c’è un legame indissolubile tra il mistero della Chiesa e il mistero dell’Eucaristia, tra la comunione ecclesiale ed eucaristica.
Ci sono molte occasioni pratiche per i sacerdoti nelle parrocchie per spiegare questi principi, come i matrimoni e i funerali. Ogni sforzo compiuto per incoraggiare i cristiani a pregare per la piena unità dei cristiani e a promuoverla in modo adeguato favorisce l’ecumenismo. Spiegare le condizioni per ricevere la santa Comunione e le ragioni per queste condizioni aiuta la causa della verità e dell’amore fraterno.
6. Molto è stato fatto negli Stati Uniti per avvicinare tra loro i cristiani. Il forte desiderio della piena comunione è stato espresso in modi che mostrano chiaramente l’impulso dato dal Concilio Vaticano II, un impulso che la Santa Sede ha sempre mantenuto nei suoi sforzi di attuazione del Concilio. I cattolici sono giunti a riconoscere e stimare gli autentici valori cristiani provenienti dalla comune eredità che si trovano tra gli altri cristiani. Si è creato un clima amichevole che consente la continuazione di un fruttuoso dialogo tra gli esperti competenti. I loro sforzi per trovare quanto abbiamo in comune e per formulare i punti controversi in modo da renderli più intellegibili anche a coloro che non sono d’accordo su essi sono molto lodevoli.
La Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani continua a sottolineare l’importanza della preghiera e di altri mezzi spirituali per condurre alla piena comunione nella fede e nella carità, che è la nostra mèta. Siamo convinti che l’unità dei cristiani può essere solo frutto di grazia, un segno di quel perdono di Dio che dobbiamo prima umilmente implorare da lui.
La preghiera in comune ha grandemente rafforzato i nostri legami e ha portato avanti la causa della vera unità tra i cristiani. Io stesso conservo nel cuore la memoria del Servizio di Testimonianza Cristiana all’Università della Carolina del Sud poco più di un anno fa.
Da approvare anche è tutto l’insieme della cooperazione tra i cristiani in attività che hanno una dimensione sociale e che ultimamente servono a promuovere il benessere di tutti gli abitanti del vostro Paese. Vi incoraggio - come ho ricordato nella mia prima visita pastorale negli Stati Uniti - a portare avanti in comune un’azione ecumenica creativa specialmente per il valore sacro del matrimonio, la vita familiare e i non ancora nati (cf. “Allocutio in Collegio SS. mae Trinitatis Universitatis Catholicae Americae Septemtrionalis occasione oblata «liturgiae oecumenicae»”, die 7 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 691s).
In tutto questo è essenziale per noi vivere una più intensa vita cristiana. Il Concilio ha posto l’ecumenismo nel contesto della “renovatio Ecclesiae” (Unitatis Redintegratio, 6) e ha visto la sua fonte immediata nella conversione interiore e nella santità di vita. Questa profonda convinzione continua ad essere valida.
Da sottolineare in modo particolare è il dinamismo Cristo-centrico del movimento ecumenico: l’unione con Cristo e l’amore per lui è la chiave per l’unità e l’amore nella Chiesa. Da questa sorgente scaturisce la forza per portare avanti la missione con tutte le sue esigenze.
7. La Chiesa deve mettersi a disposizione di tutti i popoli. Ella nasce dall’amore redentivo di Cristo che è morto per tutti. Un aspetto importante di questo atteggiamento è il rispetto della Chiesa per le diverse religioni. In esse si può spesso trovare i “semina Verbi”, la presenza di una verità che, pur nascosta nell’ombra, conduce i popoli verso l’incontro pieno con Dio in Cristo. La Chiesa lotterà sempre per difendere questi valori.
Le molte persone lontane dalla Chiesa nelle nostre città meritano un’attenzione speciale e un amore fraterno da parte nostra. È necessario che i cattolici li avvicinino e li aiutino a scoprire la loro autentica vocazione in Cristo. Questo è il servizio migliore che possiamo rendere loro e la migliore espressione di solidarietà e amicizia.
Cari fratelli: per grazia di Dio la Chiesa cattolica negli Stati Uniti ha avuto molti frutti di carità e santità. E questo in una società fin dalle origini pluralista ed aperta a tutti gli uomini e le donne. Un aspetto importante della vitalità del cattolicesimo è l’unità di verità e libertà. Su di voi, pastori della Chiesa degli Stati Uniti, c’è questa grande eredità, con le sue immense sfide. Chiedo a san Pietro e san Paolo di sostenervi nelle difficili fatiche apostoliche e vi affido tutti a Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa di Cristo.
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