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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 25 ottobre 1972

 

Fede e vita interiore per diffondere ovunque il messaggio del Regno di Dio

Di che cosa ha bisogno la Chiesa?

Ce lo siamo domandato altre volte; e sarà questa una domanda alla quale non potremo mai rispondere in modo esauriente. Di tante, di troppe cose la Chiesa ha bisogno. Semplifichiamo il metodo della nostra inchiesta, interrogandoci sul fuori e sul dentro. La Chiesa vive nel mondo; ogni contatto ch’essa ha col mondo, cioè fuori di sé, denuncia un bisogno, anzi molti e immensi bisogni; oggi, date le condizioni della società moderna, condizioni nuove, condizioni mutevoli, condizioni difficili, i bisogni della Chiesa sono senza numero e senza misura; vi è da rimanere quasi scoraggiati: come portare il messaggio del regno di Dio ad un mondo come il nostro, gonfio e straripante delle sue positive, gigantesche, stupende e talvolta orribili realtà? se non fosse il comando del Signore e la fiducia nella sua parola e nella sua assistenza, sembrerebbe folle e vinto in partenza il nostro modestissimo e ingenuo tentativo di avvicinare, di convincere, di vincere il mondo contemporaneo. Lo sapeva anche Lui, il Signore, quando diceva ai primi discepoli, mandati ad annunciare il regno: «Andate: ecco che Io vi mando, come agnelli in mezzo ai lupi . . .» (Luc. 10, 3). Ma in altra occasione, all’ultima sera della sua vita nel tempo, Egli concluse: «Nel mondo voi avrete tribolazioni; ma abbiate fiducia; Io ho vinto il mondo!» (Io. 16, 33). Così che la missione della Chiesa non è disperata. Tanto è vero che il Concilio a questo confronto fra Chiesa e mondo ha dedicato la sua celebre ed amplissima Costituzione Gaudium et Spes, nella quale potremo trovare sapienti e numerose indicazioni circa i bisogni della Chiesa fuori dei propri confini.

E dentro? Il nostro discorso non va oltre un’indagine elementare e quasi intuitiva. Il primo bisogno, abbiamo detto altra volta, è la fede, con tutto quello che la fede porta con sé. Faremo bene a ripensarci. Ci accorgeremo che nella Chiesa, forse come non mai, s’è fatto sentire il bisogno di definire se stessa, d’avere una più chiara coscienza di sé. Che cosa è la Chiesa? Già questo sforzo di racchiudere in una formula comprensiva l’immensa, misteriosa realtà, che è la Chiesa, ci aveva offerto molti titoli sempre validi e splendidi, tra cui fra tutti già magistralmente illustrato dall’Enciclica Mystici Corporis, di Papa Pio XII, assurge quello di Corpo mistico di Cristo, cioè quello di umanità incorporata a Cristo mediante una comunicazione vitale unificante e compaginante con Lui e fra noi; risultò il grande titolo di «Popolo di Dio», che, con una ghirlanda d’altri titoli bellissimi, riempie di sé la Costituzione conciliare Lumen Gentium (Cfr. Lumen Gentium, 6 ss.). Questo significa che la Chiesa aveva bisogno d’una scienza di sé, approfondita e riducibile ad un concetto sintetico, che dando l’idea, anzi l’immagine, come comunione, ovile, edificio, ecc., aiutasse la comprensione del disegno di Dio circa la salvezza dell’umanità stessa.

Basta dunque così? o qualche altro bisogno per la vita interiore della Chiesa dobbiamo noi avvertire? Non basta mai. Quando si tratta di cose nelle quali entra il pensiero, la presenza, l’azione di Dio la nostra intelligenza non è mai del tutto soddisfatta; vuole sapere di più. Non vi è sempre bisogno di nuovi dogmi; vi è bisogno di contemplarne la verità, di estrarne la fecondità, di applicarne l’autorità.

Dopo il Concilio la Chiesa ha bisogno di vita interiore. La ricchezza degli insegnamenti, che esso ha aperto ai fedeli, ha certamente aperto al pensiero, alla cultura, alla preghiera una vena fluente di vitalità spirituale; e questa dobbiamo tutti coltivare e intensificare. Due fenomeni tuttavia hanno prevalso, se non nella misura, nella pubblicità: quello centrifugo, della vita esteriore, quello così detto della linea orizzontale, umanitaria, ottimo, ma incompleto e reticente nella dottrina e tendente ad esaurire i motivi della propria energia venendo meno quelli della propria spiritualità; e quello della contestazione interna, dell’inquietudine egoista, velata di certo legittimo pluralismo e rivolta alla corrosione interiore dell’unità ecclesiale in omaggio alla liberazione tendenziale da ogni autorità e quindi da ogni obbedienza. Non sarà una pretesa sufficienza carismatica, che conserverà un’autentica animazione dello Spirito Santo a queste correnti spiritualiste, nelle quali spesso è pur troppo facile scorgere l’infiltrazione di mentalità dissidenti o profane.

Altro è il bisogno della Chiesa. Se la Chiesa ha avuto la grazia di scoprire qualche cosa di più del proprio mistero, questo essa deve fissare con lo sguardo del pensiero e del cuore. Ci esorta, come fosse maestro dei nostri giorni, ancora S. Agostino. Egli dice: «Noi abbiamo lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; amiamo poi se siamo innestati nella sua compagine e nella sua carità» (S. AUG. In Io. Tract. 32, 8; PL 35, 1645-1646). Ed eccoci allora sopra il sentiero centrale delle vie della fede e della vita interiore; il sentiero, che dal Vangelo arriva alla spiritualità degli ultimi secoli scorsi, la quale è come. sorpresa e incantata da una scoperta della pienezza della nostra religione. Non è veramente una scoperta, perché fino dalle pagine dell’Antico Testamento ce ne era stata annunciata la meravigliosa verità (Cfr. Io. 31, 3); ma qui diventa un punto focale, che chi ha sorte di coglierlo nella sua luce misteriosa non può non subirne l’incanto. Si tratta dell’amore che Dio per primo ha avuto per noi (1 Io. 4, 10), e che ha riversato sopra di noi in misura infinita, per via di un tragico dramma d’amore, la Croce, fino a giungere a stabilire dentro di ciascuno di noi e di tutta la sua Chiesa una dimora ineffabile. Noi siamo amati, smisuratamente amati. L’economia della grazia, quella di cui la Chiesa è sacramento, cioè segno e strumento, porta a questa rivelazione, a questa religione, a questa comunione: Dio è carità (Ibid. 4, 16). Di questo ha bisogno la Chiesa: di capire sempre meglio ch’essa è amata; è sotto il cono di luce e di fuoco d’un Amore infinitamente personale ed effusivo. Ineffabile discorso, che qui terminiamo, soddisfatti se esso nel suo sbalorditivo enunciato riesce a proseguire dentro ciascuno di voi e strapparvi dal cuore l’unica risposta conveniente, una libera scintilla, che può diventare incendio: credidimus caritati, abbiamo creduto alla carità (1 Io. 4, 16). Di questo oggi più che mai ha bisogno, quasi risultato e compenso al suo ministero, la Chiesa.

Vi aiuti ad iniziarvi verso questa vetta la nostra Benedizione Apostolica.


Missionari in partenza per l’Asia e l’Africa

Siamo lietissimi di rivolgere stamane un saluto di particolare affetto al gruppo di missionari che partecipano in questi giorni al Corso per Missionari Diocesani in partenza per l’Africa e l’Asia. Profittiamo volentieri di questa circostanza non soltanto per dire a voi, figli carissimi, la nostra parola di stima e di compiacimento, ma altresì per indirizzare il nostro plauso più sincero ai promotori di questa iniziativa, destinata a rendere segnalati servizi sia alle Chiese in terra di missione, sia alle vostre diocesi di origine. Il vostro esempio ci dice come in seno alle diocesi d’Italia si affermi sempre più la coscienza della natura essenzialmente missionaria della Chiesa e dei doveri che ne conseguono. Qual migliore augurio, allora, noi potremmo formulare per una vigorosa ripresa della vita religiosa in Italia, se non quello di un rinvigorimento di questo spirito missionario in ogni diocesi? È una legge del cristianesimo che esso si rinnova e si rinvigorisce non quando si chiude egoisticamente in se stesso, ma quando si dà e si spende per gli altri, quando, cioè, diviene missionario. Perciò carissimi missionari, insieme al ricordo di questo incontro, conservate nel vostro animo le parole che il Papa rivolge oggi a ciascuno di voi: abbiate sempre vivo il senso della vostra appartenenza alla Chiesa universale, sentite la responsabilità che avete verso di lei, e siate sempre lieti e fieri di potere collaborare in maniera così piena e generosa alla realizzazione della vocazione missionaria della Chiesa.

A tanto vi conforta la nostra Benedizione Apostolica che amiamo impartire a ciascuno di voi, affinché la gioia e la pace del Signore vi accompagni sempre e dovunque nel vostro lavoro missionario.

Aviatori del servizio «Recherche et Secours»

Nous Nous tournons maintenant vers les Officiers de l’Aviation Civile Internationale, qui participent à la dix-septième réunion du service de «Recherche et Secours». Nous apprécions hautement, Messieurs, les buts humanitaires que vous poursuivez, avec des moyens techniques et des équipages de mieux en mieux adaptés, pour secourir, efficacement et dans les meilleurs délais, les victimes civiles ou militaires des catastrophes aériennes ou navales, ou tous ceux qui ont besoin d’un transport urgent et d’un prompt secours. Et Nous vous félicitons de tette solidarité internationale que vous mettez en œuvre, par dessus les frontières, quand la vie humaine est en péril. Comment ne pas souhaiter qu’elle s’élargisse toujours davantage?

Sur vos personnes, sur tous ceux que vous représentez ici, Nous invoquons de grand cœur les Bénédictions de notre Sauveur!

Sezione di Ente Culturale Internazionale

Et maintenant nous saluons le Groupe européen de la Fédération Internationale Culturelle Féminine. Mesdames, tette courtoise visite à l’occasion de votre Exposition d’Art figuratif, Nous est une joie particulière dont Nous tenons à vous remercier.

Comment le Pape ne vous encouragerait-il pas dans votre vocation d’artistes? L’art est en soi quelque chose de si sérieux, de si indispensable à l’existence humaine! Vous pouvez arracher vos semblables aux ombres de la caverne, et les entraîner à la contemplation. Tout art parfait, a-t-on dit, est une image de Dieu, sculptée par Lui-même, pendant le sommeil de l’auteur. Ainsi les véritables artistes de tous les temps, qu’ils en soient conscients ou non, marchent dans une direction où les précèdent les mystiques. Ils nous apprennent à voir le monde comme un immense symbole, où tout communique et se répond comme font les instruments d’un orchestre dans une symphonie.

Nous formons des vœux, Mesdames, pour qu’à travers votre noble travail et les amitiés profondes qu’il vous permet de nouer, vous deveniez davantage encore les guides, à la fois très humbles et très ferventes, de tous ceux qui demeurent encore si loin des joies et des révélations de l’Art.

                                



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