LETTERA ENCICLICA
RERUM ORIENTALIUM
DI SUA SANTITÀ
PIO XI
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI,
PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI
ED AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA
SULLA PROMOZIONE
DEGLI STUDI ORIENTALI
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica benedizione.
Con quanto zelo i Nostri predecessori si siano adoperati, nei secoli passati, per promuovere gli studi e una conoscenza più profonda del mondo orientale fra i fedeli, e in modo particolare fra i sacerdoti, è noto a chiunque abbia percorso anche affrettatamente gli Annali della Chiesa Cattolica. Essi sapevano infatti assai bene che la causa sia di molti danni precedenti, sia della dolorosissima scissione che aveva strappato dalla radice dell’unità molte Chiese, un giorno floridissime, derivava come necessaria conseguenza specialmente dal vicendevole ignorarsi, dalla poca stima e dai pregiudizi nati nel tempo dei lunghi dissidî, e vedevano quindi che a tanti mali non si potrebbe recare rimedio se non rimovendo tali impedimenti. Ora, per accennare per sommi capi ad alcuni documenti storici di quei tempi, appunto, in cui cominciarono a rallentarsi gli antichi vincoli dell’unione e che attestano le cure sollecite del Romani Pontefici in questa vicenda, tutti conoscono con quale benevolenza, non solo, ma anzi con quale venerazione Adriano II accolse i due Apostoli degli Slavi, Cirillo e Metodio, e con quali prove di particolare stima li volle onorati; ed inoltre lo zelo con cui favorì la celebrazione dell’ottavo Concilio ecumenico, il Costantinopolitano quarto, inviandovi anche i suoi legati mentre, da poco, tanta parte del gregge di Cristo era stata così lacrimevolmente staccata dal Romano Pontefice, divinamente costituito Pastore Supremo. E simili sacre riunioni, intese a provvedere agli interessi della Chiesa fra gli Orientali, nel corso dei tempi si andarono successivamente rinnovando, come quando a Bari, presso la tomba di San Nicolò di Mira, il celebre Dottore di Aosta e Arcivescovo di Canterbury, Sant’Anselmo, con la sua dottrina e la santità esimia destò in tutti ammirazione; o a Lione, dove da Gregorio X erano stati insieme chiamati quei due luminari della Chiesa, l’Angelico Tommaso e il Serafico Bonaventura, benché poi l’uno morisse nello stesso viaggio, e l’altro in mezzo alle gravi fatiche del Concilio; o a Ferrara e a Firenze, dove grandemente si segnalarono quelle due glorie insigni dell’Oriente cristiano, Bessarione di Nicea ed Isidoro di Kiev, più tardi creati Cardinali, e dove la verità del dogma cristiano, stabilitasi con solidi argomenti e come perfusa dell’amore di Gesù Cristo, parve aprire la via alla riconciliazione dei cristiani d’Oriente col Supremo Pastore.
Le poche cose fin qui rammentate, Venerabili Fratelli, sono senza dubbio prova della paterna provvidenza e dello zelo di questa Sede Apostolica verso le nazioni orientali; esse sono certamente le più note, ma per la loro stessa natura piuttosto rare. Ma molti altri sono i vantaggi che, senza alcuna interruzione, derivarono a favore di tutte le regioni d’Oriente da parte della Chiesa Romana con la continua e, per così dire, quotidiana elargizione di benefìci, massime con l’invio di religiosi, che spendessero la vita stessa a vantaggio dei popoli orientali. Infatti, sostenuti, per così dire, dall’autorità di questa Sede Apostolica, sorsero, specialmente dalle famiglie religiose di San Francesco d’Assisi e di San Domenico, quei magnanimi che, eretti domicili e fondate nuove province del loro Ordine, non solo coltivarono con immensi travagli la Palestina e l’Armenia, con la teologia e le altre scienze spettanti a religione e civiltà, ma anche le altre regioni, in cui gli Orientali, soggetti al dominio dei Tartari o dei Turchi, con la violenza tenuti separati da Roma, con ciò stesso erano sprovvisti d’ogni migliore cultura e specialmente di sacri studi.
Queste insigni benemerenze e lo spirito della Sede Apostolica mostrarono di aver ben compreso, fin dal secolo XIII, i Professori dell’Università di Parigi, che, assecondandone i desideri, fondarono, come si ricorda, accanto alla loro stessa Università, un collegio orientale, intorno a cui Giovanni XXII, Nostro Antecessore, alcun tempo dopo chiedeva con premura a Ugone, Vescovo di Parigi, quali frutti producesse nello studio delle lingue orientali [1].
Non meno notabili sono altri fatti, attestatici dalla storia di quell’epoca. Il sapientissimo Umberto de Romanis, Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, scrivendo in un suo libro « degli argomenti che sembrava si dovessero trattare nel Concilio ecumenico da celebrarsi a Lione », raccomandava in particolare quali cose necessarie per guadagnare gli animi degli Orientali [2] la conoscenza e la correttezza della lingua greca « in quanto per mezzo delle varie lingue la diversità delle genti si riunisce nell’unità della fede »; da qui l’abbondanza di libri Greci e similmente un’opportuna provvista di libri nostri tradotti nelle lingue orientali; e parimenti insegnava ai suoi frati, riuniti in Capitolo generale a Milano, di tenere in gran conto la conoscenza e lo studio delle lingue orientali, e di coltivarle nell’intento di rendersi abili e pronti alle missioni presso quei popoli, se tale fosse il volere di Dio. Similmente il dottissimo Ruggero Bacone dell’Ordine di San Francesco, carissimo a Clemente IV, Nostro predecessore, non solo scrisse con molta erudizione sulle lingue dei Caldei, degli Arabi e dei Greci [3], ma ne spianò anche agli altri la conoscenza. Emulando i loro esempi, il celebre Raimondo Lullo, uomo di straordinaria erudizione e pietà, molte cose e con più vivace ardore, proprio dell’indole sua, chiese ai Nostri predecessori Celestino V e Bonifacio VIII, e ne ottenne parecchie, per quei tempi assai ardite, circa il modo di promuovere gli affari e gli studi Orientali; il designare, fra gli stessi Cardinali, uno che presiedesse a siffatti studi; infine del modo di intraprendere frequenti sacre missioni sia tra i Tartari, i Saraceni ed altri infedeli, sia fra gli scismatici, da ricondurre all’unità della Chiesa.
Ma assai più celebre e più degno di speciale menzione è quello che, come si narra, per suggerimento ed esortazione di lui, sappiamo essersi decretato nel Concilio Ecumenico Viennese e da Clemente V, Nostro predecessore, promulgato. In esso scorgiamo già quasi abbozzato il moderno Nostro Istituto Orientale: « Con l’approvazione di questo Sacro Concilio, abbiamo provveduto che si debbano erigere scuole delle diverse lingue qui appresso menzionate, ovunque si trovi a risiedere la Curia Romana, come pure nelle Università di Parigi, di Oxford, di Bologna e di Salamanca, ordinando che in ciascuno di tali luoghi si tengano professori cattolici, che abbiano sufficiente conoscenza delle lingue ebraica, greca, araba, e caldaica; vale a dire due periti di ciascuna lingua, perché vi reggano le scuole e traducano in latino con fedeltà libri da quelle lingue; altri poi insegnino agli altri con diligenza le lingue stesse e ne comunichino con l’accurato loro insegnamento la perfetta conoscenza, acciocché sufficientemente istruiti in tali lingue, possano produrre per grazia di Dio il frutto sperato, propagando salutarmente la fede fra gli stessi popoli infedeli … » [4].
E poiché tra le stesse popolazioni dell’Oriente, in quel tempo, a cagione dei pubblici sconvolgimenti e dello sperpero della maggior parte dei mezzi che potevano aiutare la scienza, era appena possibile coltivare in più alte discipline le menti degli studiosi, per quanto perspicacissimi, voi sapete, Venerabili Fratelli, come i Nostri predecessori mettessero ogni cura perché, mentre nelle principali Università di quell’epoca si avevano già cattedre proprie per gli studi Orientali, molto più, alla luce di questa Alma Città, si erigessero alcuni istituti più adatti, quasi seminari dai quali poi alunni di quelle stesse nazioni, diligentemente provveduti di ogni ornamento di dottrina, potessero uscire in campo ben preparati a combattere la buona battaglia. Di qui, anzitutto, l’erezione in Roma di monasteri e di collegi per i Greci e i Ruteni, poi la costruzione di case per i Maroniti e gli Armeni; e ciò, con quale vantaggio delle anime e progresso della scienza, è comprovato chiaramente dalle opere sia liturgiche sia di altri argomenti, pubblicate a cura della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, come pure dai preziosi codici orientali, raccolti diligentemente e gelosamente custoditi dalla Biblioteca Vaticana.
Né qui è tutto, perché i Nostri più vicini predecessori, come sopra dicemmo, ben sapendo che a favorire la carità e la stima vicendevoli avrebbe assai giovato una migliore conoscenza delle cose orientali fra i popoli dell’Occidente, si adoperarono con ogni mezzo per procurare un vantaggio tanto rilevante. Ne è prova Gregorio XVI il quale, innalzato al Sommo Pontificato nell’anno stesso in cui doveva essere inviato presso l’Imperatore di Russia Alessandro I, aveva studiato con ogni diligenza quanto riguardava le cose russe; ne è prova Pio IX il quale, prima e dopo il Concilio Vaticano, aveva caldamente raccomandato la diffusione degli studi sui riti e sulle tradizioni orientali; ne è prova Leone XIII, il quale dimostrò tanto amore e sollecitudine pastorale non solo per i Copti e gli Slavi, ma per tutti gli Orientali, al punto che, oltre la nuova Congregazione detta degli Agostiniani dell’Assunzione, stimolò altre famiglie religiose ad applicarsi o a perfezionarsi nello studio delle cose orientali, fondò per gli Orientali stessi nuovi Collegi nelle loro regioni e in questa medesima Città, onorò coi più grandi encomi l’Università aperta a Beyrouth dalla Compagnia di Gesù, ancor oggi floridissima e a Noi carissima; ne è prova Pio X il quale, eretto in Roma il Pontificio Istituto Biblico, accese nuovo ardore in molti animi per le cose e le lingue orientali, non senza lietissima raccolta di frutti.
L’immediato Nostro predecessore Benedetto XV, emulando con ardentissimo zelo tale paterna provvidenza verso i popoli orientali, al punto che la considerò quale sacra eredità ricevuta da Pio X per recare aiuto e incremento, per quanto possibile, alle cose orientali, non solo istituì una Sacra Congregazione per i riti e per gli affari Orientali, ma « determinò di fondare in questa Città, capitale del mondo cristiano, una propria sede di superiori studi orientali, provvista di tutti i mezzi richiesti dalla odierna cultura, e insigne per professori peritissimi nelle diverse discipline e studiosissimi dell’Oriente » [5], dotata della facoltà di conferire « lauree dottorali nelle discipline ecclesiastiche che riguardano i popoli Cristiani Orientali » [6]; volle inoltre che essa fosse aperta non solo agli Orientali, anche se tuttora separati dalla cattolica unità, ma altresì e specialmente ai sacerdoti latini, sia che desiderassero arricchirsi di sacra erudizione, sia che volessero dedicarsi al sacro ministero fra gli Orientali. Sommamente degni di lode sono pertanto quei dottissimi professori, i quali per circa quattro anni si adoperarono ad istruire nelle discipline orientali i primi alunni dell’Istituto.
Tuttavia allo svolgimento di provvidenziale Istituto era di non lieve ostacolo il trovarsi sì vicino al Vaticano, ma troppo distante dal centro più abitato della città. Pertanto Noi, effettuando ciò che Benedetto XV aveva desiderato fare, ordinammo che l’Istituto Orientale si trasferisse nella sede dell’Istituto Biblico, come quello che più gli si avvicinava per genere di studi e per intenti, ma lo volemmo distinto e con l’intenzione di dotarlo di sede propria, non appena lo permettessero le circostanze. Inoltre, perché nell’avvenire non venisse mai a mancare un corpo di professori adatti all’insegnamento delle scienze orientali, e ritenendo di poter più facilmente ottenere ciò affidando sì importante impresa ad un Ordine religioso, con Nostra lettera [7] del 14 settembre 1922 ordinammo al Preposito Generale della Compagnia di Gesù che, per il suo amore e per l’obbedienza dovuta alla Santa Sede e al Vicario di Cristo, superando qualsivoglia difficoltà, prendesse su di sé tutta la cura dell’Istituto, a queste condizioni: che restandone a Noi e ai Nostri successori la direzione suprema, debba il Preposito Generale della Compagnia di Gesù fornire soggetti idonei per i difficili uffici del Preside e dei professori, e che in perpetuo, o personalmente, o per mezzo del Preside, proponga direttamente a Noi e ai Nostri successori, per l’approvazione, le persone che crederà di destinare alle varie cattedre dell’Istituto, e tutti i provvedimenti che sembrino giovevoli alla conservazione e al progresso sempre maggiore dell’Istituto stesso.
Pertanto, allo spirare ormai del sesto anno dal giorno in cui, non senza una certa divina ispirazione, giudicammo di prendere questi provvedimenti, Ci si conceda di ringraziare di tutto cuore Iddio per i lietissimi frutti che già hanno coronato le Nostre fatiche. Infatti il numero degli alunni e degli uditori, se, come porta la natura stessa dell’Istituto, non fu né sarà mai ingente, non fu nemmeno così esiguo da non doverCi intimamente rallegrare al vedere ormai un’eletta schiera di uomini, che va ogni giorno crescendo, i quali potranno fra breve uscire dall’ombra di questa palestra in campo aperto, forniti di tale, corredo di scienza e di pietà, da potersene sperare non lievi vantaggi per gli Orientali.
E qui, mentre grandemente encomiamo quegli Ordinari, Vescovi e Superiori delle famiglie religiose che, assecondando volonterosamente i Nostri desideri, hanno inviato a Roma, dalla più varia diversità di nazioni e di paesi, dall’Oriente e dall’Occidente, alcuni loro sacerdoti perché fossero istruiti nelle cose orientali; e mentre esortiamo anche i Superiori delle altre istituzioni più diffuse nel mondo di seguire sì bell’esempio, non trascurando di inviare, per formarli alle scuole di questo Nostro Istituto Orientale, quegli alunni che trovino a tali studi più atti e più propensi, lasciateCi, Venerabili Fratelli, richiamarvi alla memoria l’argomento da Noi trattato, non è molto, con una certa larghezza, nell’Enciclica «Mortalium animos ». E chi potrebbe ormai ignorare i discorsi che si vanno moltiplicando intorno all’attuazione di una certa unione del tutto contraria alla mente di Gesù Cristo, Fondatore della Chiesa, da promuoversi fra tutti i cristiani? O chi non ha inteso parlare delle dispute che spesso si tengono in moltissime parti specialmente dell’Europa e dell’America, dispute di gravissima importanza, in cui si tratta delle popolazioni orientali o unite con la Chiesa Romana, o da essa tuttora separate? Orbene, se gli alunni dei nostri Seminari, istruiti come sono durante tutto il corso degli studi (cosa questa certamente di cui si ha da esser lieti) circa gli errori dei Novatori, ne sanno facilmente scorgere e sciogliere le capziose argomentazioni, non sono poi, almeno d’ordinario, tanto forniti di dottrina da poter dare sicuro parere in questioni di cose e costumi orientali, o dei legittimi riti da essi adoperati e da ritenersi così religiosamente nella cattolica unità, richiedendo tal genere di gravi argomenti uno studio particolare e diligentissimo.
Perciò, non dovendosi trascurar nulla di quanto può giovare al desiderato ritorno di sì cospicua parte del gregge di Cristo all’unione con la sua vera Chiesa, o a favorire maggiormente la carità verso coloro che, diversi nei riti, aderiscono però intimamente con la mente e col cuore alla Chiesa Romana e al Vicario di Cristo, caldamente esortiamo e scongiuriamo voi, Venerabili Fratelli, a voler ciascuno scegliere almeno uno dei vostri sacerdoti, il quale, ben Istruito nelle questioni orientali, sia in grado di ammaestrare in esse gli alunni del Seminario. Sappiamo benissimo che l’erezione di una speciale Facoltà, come suol dirsi, di studi orientali è piuttosto ufficio delle Università Cattoliche; e Ci congratuliamo di cuore che ciò si sia già cominciato a fare, col Nostro stesso consiglio e aiuto, a Parigi, a Lovanio e a Lilla; come pure godiamo che in parecchie altre sedi di studi, anche a spese dello Stato, e col consenso e l’esortazione dei Vescovi, di recente siano state fondate cattedre di queste discipline orientali. Ma non sarà difficile preparare, per ciascun Seminario teologico, qualche Professore, il quale, insieme con la propria materia, o di storia o di liturgia o di diritto canonico, possa spiegare almeno alcuni degli elementi degli studi orientali. In tal modo, rivolgendo la mente e il cuore degli alunni alle tradizioni e ai riti degli Orientali, ne seguirà necessariamente un vantaggio non lieve, né soltanto a favore degli Orientali, ma degli stessi alunni, i quali, com’è naturale, ne attingeranno una più profonda cognizione della teologia cattolica e della disciplina latina, e insieme concepiranno un più vivo amore per la vera Sposa di Cristo, mentre ne ammireranno la meravigliosa bellezza ed unità nella stessa varietà dei riti, risplendere, in qualche modo, più fulgida.
E appunto per la considerazione dei vantaggi che derivano alla causa cristiana dalla formazione dei giovani, quale l’abbiamo descritta, abbiamo stimato Nostro dovere di non badare a fatiche pur di assicurare all’Istituto Orientale, da Noi così confermato, una vita non solo sicurissima ma, per quanto è possibile, florida di sempre nuovi progressi. Perciò non appena Ce ne fu dato modo, gli assegnammo una sede propria presso Santa Maria Maggiore sull’Esquilino destinando all’acquisto e all’adattamento del convento di Sant’Antonio anzitutto una somma che Ci era pervenuta dalla liberalità di un munifico Prelato passato, non è molto, a miglior vita, e di un pio signore degli Stati Uniti di America, per i quali perciò desideriamo e chiediamo la più larga ricompensa dei celesti premi. Né si deve passare sotto silenzio l’aiuto che dalla Spagna Ci è pervenuto per la costruzione, nella nuova sede dello stesso Istituto, di una più ampia e più conveniente biblioteca. Nel lodare questo esempio di liberalità, Noi che per la pratica e l’esperienza di tanti anni passati nella prefettura delle Biblioteche Ambrosiana e Vaticana, possiamo ben comprendere quanto importi fornire questa nuova biblioteca di tutti quei mezzi, dai quali professori e alunni, come da vene nascoste e talora ignorate, ma ricchissime, possano attingere comodamente notizie del mondo orientale e diffonderle a pubblica utilità, senza atterrirCi per le difficoltà, che prevediamo molte e gravi, attenderemo con tutte le forze a procurare quanto riguarda le regioni, usanze, lingue e riti orientali, gratissimi a coloro che, per la devozione che nutrono verso il Vicario di Cristo, con offerte o di denaro, o di libri, o di codici, o di quadri o di altri simili monumenti e orme dell’Oriente cristiano, Ci verranno in aiuto, secondo le loro forze, a compiere un’opera tanto grande.
E di qui, come speriamo, avverrà che le nazioni orientali, vedendo coi propri occhi tanti splendidi monumenti della pietà, della dottrina, delle arti dei loro antenati, per ciò stesso apprenderanno in quale onore sia tenuta dalla Chiesa Romana la vera, la legittima, la perenne « ortodossia » e con quale diligenza sia conservata, difesa e propagata. Da questo spettacolo, come ben si può sperare, come colpiti dal più valido degli argomenti, massime se al vicendevole scambio di studi si aggiunga il motivo della carità di Cristo, perché moltissimi Orientali, ripensando alle glorie avite e deposti i pregiudizi, non dovrebbero affrettarsi a quella desideratissima unità, fondata su una professione di fede, non già mutila, ma intera ed aperta, quale si addice a veri adoratori di Gesù Cristo, che debbono stare uniti in un solo ovile sotto un solo Pastore?
Mentre dunque con i desideri e con le preghiere domandiamo a Dio che presto spunti un giorno sì lieto, potrà essere utile, Venerabili Fratelli, accennare, sia pure brevemente, al metodo con cui presentemente il Nostro Istituto Orientale impiega l’opera e le fatiche sue, secondando i Nostri voleri, per raggiungere un obiettivo così importante. Doppio è il genere di studi cui attendono diligentemente i Professori; l’uno è, per così dire, ristretto nell’ambito delle pareti domestiche, l’altro esce alla luce con pubblicazioni di documenti dell’Oriente cristiano, o fin qui non mai pubblicati, per ingiuria dei tempi dimenticati.
Orbene, per quanto concerne la formazione dei giovani, oltre la teologia dogmatica dei dissidenti, la spiegazione dei Padri orientali, e quanto riguarda l’introduzione scientifica agli studi orientali o la storia, la liturgia, l’archeologia e le altre materie sacre e le varie lingue di quelle nazioni, ricordiamo volentieri e di preferenza che, finalmente, abbiamo potuto aggiungere alle bizantine le istituzioni islamiche, cosa forse non più udita, fino ai nostri tempi, nelle Università romane. Infatti, per un tratto singolare di bontà della divina Provvidenza, potemmo incaricare di questa cattedra utilissima un Professore il quale, Turco di origine, indi, per divina ispirazione, dopo lunghi studi fattosi cristiano e ordinato sacerdote, ci parve adattissimo a insegnare a quanti eserciteranno il sacro ministero fra i suoi connazionali, il modo di trattare con buon esito la causa di Dio uno indivisibile e della legge evangelica, sia con i meno istruiti come con le persone più colte.
Né di minore importanza, per la diffusione del cattolicesimo e per il conseguimento della legittima unità fra i cristiani, riescono le opere che si pubblicano per cura e studio dell’Istituto Orientale. Infatti i volumi intitolati «Orientalia Christiana », editi in questi ultimi anni — i più dai Professori dell’Istituto stesso, altri preparati per consiglio dello stesso Istituto da altri studiosi, assai versati in cose orientali — o espongono le condizioni antiche o moderne che riguardano questo o quell’altro popolo e che ai nostri sono per lo più sconosciute; o da documenti finora nascosti traggono nuova luce per illustrare la storia dell’Oriente, e narrano le relazioni, sia dei Monaci orientali, sia degli stessi Patriarchi con questa Sede Apostolica, e le provvidenze dei Pontefici Romani nel tutelarne i diritti e beni; o confrontano e riscontrano con la verità cattolica le sentenze teologiche dei dissidenti intorno alla Chiesa e ai Sacramenti; o illustrano e commentano codici orientali. Infine, per non dilungarci nell’enumerazione, non v’è nulla che tocchi la dottrina, l’archeologia e le altre scienze sacre o che abbia qualche attinenza con la cultura orientale — come, per esempio, le orme della civiltà greca conservatesi nell’Italia meridionale — che a tali uomini sembri alieno dai diligentissimi loro studi.
Stando così le cose, chi mai, riguardando a tanta mole di opere intraprese specialmente a vantaggio degli Orientali, non si sente crescere forte nel cuore la speranza che il benignissimo Redentore degli uomini Cristo Gesù, mosso a pietà della sorte lacrimevole di tanti uomini erranti lungi dal retto sentiero, e favorendo i Nostri sforzi, vorrà finalmente ricondurre le sue pecorelle nell’unico ovile sotto l’unico Pastore?
E ciò massimamente vedendo quanto grande parte della divina Rivelazione si sia religiosamente tra essi conservata: l’ossequio sincero verso il Signor nostro Gesù Cristo, il singolare amore e la pietà verso la purissima sua Madre, l’uso stesso vigente dei Sacramenti. Perciò avendo Iddio nella sua bontà disposto di servirsi del ministero degli uomini, e in ispecie dei sacerdoti, per compiere l’opera della Redenzione, che altro resta, Venerabili Fratelli, se non di tornare a pregarvi e scongiurarvi il più caldamente che possiamo, affinché non soltanto siate uniti a Noi di mente e di cuore, ma vi adoperiate voi pure, con le fatiche vostre, perché più presto spunti il giorno, da tanto tempo sperato, quando potremo salutare il ritorno non di pochi soltanto, ma della maggior parte dei Greci, degli Slavi, dei Rumeni e delle altre nazioni orientali, fin qui separate, alla pristina unione con la Chiesa Romana? Ripensando a ciò che Noi, con l’aiuto di Dio, abbiamo intrapreso e intendiamo compiere per ottenere più presto tanta consolazione, Ci sembra di poterCi paragonare a quel padre di famiglia, che Gesù ci rappresenta in atto di pregare gli invitati alla cena « che venissero, perché tutto era già apparecchiato » (Luca, XIV, 17). Applicando tali parole al nostro caso, ardentemente esortiamo tutti, e ciascuno di voi in particolare, a voler con ogni mezzo unirvi a Noi nel promuovere gli studi delle cose orientali per realizzare il grande intento. In tal modo, rimossi finalmente tutti gl’impedimenti che si frappongono alla desideratissima unione, sotto gli auspici della Beata Vergine Immacolata Madre di Dio, e dei Santi Padri e Dottori dell’Oriente ed Occidente cristiano, potremo abbracciare, reduci nella casa paterna, i fratelli e figli da sì lungo tempo da noi dissidenti, e ormai a noi strettissimamente uniti da quella carità che posa come sopra solido fondamento sulla verità e sulla intiera professione della legge cristiana.
E affinché alle Nostre iniziative arrida un felicissimo esito, auspice dei doni celesti e a testimonianza della Nostra paterna benevolenza, a voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il gregge affidato alle vostre cure, impartiamo con ogni affetto l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 8 del mese di settembre, nella festa della Natività della B. V. M., dell’anno 1928, settimo del Nostro Pontificato.
PIUS PP. XI
[1] Denifle-Chatelain, Chartul. Univ. Paris., t. II, n. 857.
[2] Mansi, t. XXIV, col. 128.
[3] Opus maius, pars tertia.
[4] Denifle-Chatelain, Chartul. Univ. Paris., t. II, n. 695.
[5] Benedictus PP. XV, Motu propio Orientis catholici, XV Octobris MDCCCCXVII [Acta Ap. Sedis, IX (1917), n. 11, pp. 531-533].
[6] Benedictus PP. XV, Litterae Apostolicae Quod Nobis, XXV Septembris MDCCCCXX [Acta Ap. Sedis, XII (1920), n. 11, pp. 440-441].
[7] Decessor Noster [Acta Ap. Sedis, XIV (1922), n. 15, pp. 545-546].
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